Un ricordo di Francesco Benozzo

Un ricordo di Francesco Benozzo

di Luigi Contadini e Elena Lamberti

Pubblicato: 24 marzo 2025 | In Ateneo

Il Prof. Francesco Benozzo, docente di Filologia e linguistica romanza all’Università di Bologna, ci ha lasciati inaspettatamente lo scorso sabato sera, a soli 56 anni. Una straordinaria traiettoria creativa e vitale la sua, dove poesia, etnofilologia, etica e musica risultano indissolubilmente intrecciate. Poeta e saggista prolifico e geniale, tra gli ultimi suoi libri spicca Homo poeta (2024), forse il suo libro più rappresentativo, che indaga le radici primordiali dell’umanità e della parola, riflettendo sul rischio della dispersione delle sue più intime risorse nella falsità e nella violenza della civiltà contemporanea. Va qui ricordata la sua coerenza e la sua determinazione nel denunciare lo “stato di eccezione” già descritto dal filosofo Giorgio Agamben, che lo ha portato a schierarsi contro i soprusi dell’epoca delle restrizioni, fino a rifiutare il green pass e pagando, per questo, il prezzo della grottesca sospensione per circa otto mesi da tutte le attività accademiche e dall’intero stipendio: “La mia è coerenza: non posso insegnare ai miei studenti l’arte del dubbio e poi piegarmi. Considero il Green Pass una normativa barbarica” (Memorie di un filologo complottista, La vela, 2021). È stato fondatore del CIEB - Comitato Internazionale per l’Etica della Biomedicina, Fondatore dell'OSS - Osservatorio contro la Sorveglianza di Stato, Fondatore del Gran Giurì per le violazioni dei diritti umani commesse durante la pandemia.

Eppure, le sue molteplici attività conducevano inesorabilmente alla poesia: Francesco era ed è (e così si considerava), soprattutto poeta in senso ampio, integrale e integro, poiché la poesia andava a coinvolgere direttamente il corpo nella sua complessità, il suo modo di essere, le sue scelte e l’orientamento etico. L’attività di cantore e di suonatore di arpa celtica in giro per il mondo (ha suonato in alcuni dei più importanti teatri italiani ed europei e nei maggiori festival internazionali di musica etnica e world) testimonia la sua visione della poesia che è corpo in azione, così come il suono e il canto sono gesti poetici per eccellenza. La poesia è stata, per Francesco, soprattutto un percorso di vita che lo ha portato ad essere candidato al Nobel per la Letteratura su proposta del Pen Club spagnolo, ininterrottamente dal 2015. The Ridge and the Song. Sailing the Archipelago of Poetry (Forum, 2022) è il manifesto della sua ricerca poetica, mentre tra le sue opere, uscite per Kolibris, vanno ricordate Onirico geologico e Felci in rivolta (Kolibris, 2014), La capanna del naufrago (2017), Stóra Dímun. Poema camminato (2019), Poema dal limite del mondo (2019), Máelvarstal. Poema della creazione dei mondi, Autoktonia. Poema del suicidio (2021), Sciamanica. Poemi dai confini dei mondi (2023). Come si evince fin dai titoli, la poesia di Francesco è una poesia rivelatrice di origini, origini del mondo, istanti della sua formazione; i suoi sono poemi che mettono in crisi costante la presenza e la necessità dell’uomo sulla terra e, allo stesso tempo, sono poemi che parlano delle origini della parola stessa. Come è stato ricordato da diversi critici, questo tipo di poesia ha la capacità di rappresentare la parola nel momento in cui per la prima volta nomina il mondo, è parola originaria in tutti i sensi, sia perché ogni parola, nella sua essenza, evoca le origini, sia perché viene colta nel suo momento inaugurale e rivelatore. Con queste motivazioni, nel 2022 Francesco ha vinto il premio internazionale "Poeti dalla frontiera" e nel 2023, in Sicilia, il premio “Genius Loci”.

Francesco ha avuto anche molti altri riconoscimenti. Tra i tanti: una menzione speciale della critica ai Folk Awards di Edimburgo (2003), una finale al Premio Tenco (2010) il bollino di Best World Roots Album assegnato dalla rivista statunitense “RootsWorld” (2010), la vittoria (per ben due volte) del Premio nazionale Giovanna Daffini per la musica (2013, 2015), la prestigiosa "Honorary Fellowship" concessagli dalla Poetry Foundation di Chicago (2019). È stato, inoltre, insignito del titolo di Bardo Honorário dalla Assembleia da Tradição Lusitana (Portogallo) nel 2017.

Francesco si dichiarava “intellettuale anarchico” impegnato nella diffusione delle idee espresse attraverso quello che chiamava “Quarto umanesimo, fondato su principi libertari e anti-autoritari”. La sua è stata una figura scomoda e non facile, ma sempre generosa, sia come docente, che come editore di importanti riviste filologiche (Quaderni di semantica; Philology), nelle quali ha accolto più di un detrattore a testimonianza di una generosità intellettuale rara e onesta. È stato proprio l’amore immenso per la libertà che l’ha portato, specialmente in questi ultimi anni, a manifestare un dissenso costante nei confronti delle diverse forme di coercizione messe in atto da quello che lui chiamava “il dispositivo di soggiogamento, il potere nelle sue subdole e brutali articolazioni”. Piccolo manuale di diserzione quotidiana (Edizioni La Vela, 2025) è il testo nel quale riflette sulla “diserzione come stile di vita”.

Come filologo-linguista, è stato il creatore dell'etnofilologia, termine da lui stesso coniato sulla scia degli studi di Mario Alinei (ed è grazie a Francesco che la preziosa biblioteca di Alinei è arrivata a UNIBO), un campo nel quale lo studio dei documenti letterari non può essere separato da quello etnico-culturale, filosofico, comunicativo e performativo. Francesco è noto per avere formulato la teoria, rivoluzionaria e controversa, “che il linguaggio umano è nato già tre milioni di anni fa, con gli australopitechi” (Speaking Australopithecus. A New Theory on the Origins of Human language, Edizioni dell’Orso, 2017). Nell’insieme, ha pubblicato oltre ottocento opere, tra saggi e volumi, soprattutto nel campo della filologia romanza e dell’etnofilologia, ma con diverse incursioni nel mondo della musica, dai bardi gallesi a David Bowie e non solo (Lambrusco e Champagne è un delizioso volumetto nel quale racconta, con Fabio Bonvicini, come al “medico dei matti”, Antonio Galloni, “venne in mente di fare del Lambrusco, il vino dell’Emilia”. Corsiero Editori, 2020).

L’ultima grande passione di Francesco è stata, in realtà, un ritorno alle origini delle sue ricerche: Lo sciamanesimo. Origini, tradizioni, prospettive (Edizioni La Vela, 2024) è “un volumetto di sintesi concepito come introduzione al mondo delle pratiche sciamaniche tradizionali e con lo scopo di liberare lo sciamanesimo tanto dai numerosi fraintendimenti accademici cui è stato sottoposto, quanto dalle deformazioni new age con le quali oggi è superficialmente identificato.” Al Dipartimento di Lingue, Letterature e Culture Moderne, Francesco aveva appena inaugurato un nuovo Seminario di Filologia romanza e di Storia medievale, insieme ai colleghi Giovanni Borriero e Sylvie Duval, già molto popolare tra gli studenti, che ha sempre seguito con grande, grandissima generosità. È col pensiero rivolto a loro che salutiamo il Professor Francesco Benozzo, collega e amico al quale ci legavano affetto e stima, pur nelle differenze di visione e di azione. O, forse, proprio per quelle.

Luigi Contadini, Elena Lamberti